Il ciclo di Seminari 2018 per gli esterni del Centro Psicoanalitico di Bologna dedicato ad Infanzia, Adolescenza e Genitorialità, si è concluso con una mattinata dedicata al lavoro con adolescenti con quadri clinici caratterizzati da angosce depressive, crisi di panico e condotte autolesive con il contributo congiunto della dott.ssa Cinzia Carnevali e dott.ssa Paola Masoni, entrambe psicologhe e psicoanaliste S.P.I.- I.P.A, la prima anche analista di gruppo (SIPsA-COIRAG) e la seconda psicoterapeuta di bambini e adolescenti (modello Tavistock). Le colleghe fanno parte di un gruppo di psicoanaliste romagnole che da anni vanno sviluppando una modalità di lavoro che non solo tiene conto della necessità di legare il lavoro analitico individuale con una esplorazione delle problematiche familiari e genitoriali in particolare, ma fortemente interessato a cogliere la rilevanza della dimensione gruppale nel mondo psichico del paziente e dell’analista stesso. A supporto di questa sperimentazione quindi non vi è solo la sapiente integrazione di competenze analitiche diversificate, ma anche un rigoroso e puntuale lavoro di elaborazione in gruppo dell’esperienza clinica.
Carnevali e Masoni ci mostrano come forme riparative e creative rispetto a difese narcisistiche adolescenziali siano possibili a condizione che si lavori analiticamente anche con i genitori sul superamento dell’angoscia di perdita connessa con la rinuncia ad una relazione speculare, relazione che impedisce di investire sul figlio come soggetto con desideri autonomi, distinti nella propria differenza ed alterità ed in questo modo ne ostacola il processo d’individuazione e di soggettivizzazione.
Tali difficoltà genitoriali finiscono spesso per determinare nei figli identificazioni alienanti. Le autrici ci segnalano come gli aspri conflitti tra genitori e figli adolescenti sono solo al servizio di una pseudo-individuazione: una rivalità generazionale che non diventa strutturante ma anzi rallenta e perverte la costruzione dell’identità del figlio. Il lavoro con i genitori quindi, riprendendo Kaes (2009), per Carnevali e Masoni va focalizzato sul favorire il lutto relativo all’impossibilità di essere eterni attraverso l’Altro, sulla rinuncia al desiderio della corrispondenza del doppio speculare, bisessuale, ideale, immortale.
L’attitudine autolesionistica (self cutting) in adolescenza può essere vista come espressione di un narcisismo danneggiato da un ambiente affettivo, spesso traumatico, inadeguato alla crescita; più in particolare come risposta al dolore psichico e all’impotenza che egli sposta sul corpo. Il corpo così diviene luogo delle manifestazioni di un conflitto (Carnevali, Bruno, 1985; Nicolò, Ruggiero, 2016) o, per dirla con Anzieu (1985), assume la funzione di ‘involucro di sofferenza’ anziché essere ‘involucro narcisistico’. E’ un corpo che sottoposto a scissione, può essere attaccato come oggetto esterno o estraneo. In una prospettiva più orientata a cogliere in tale uso del corpo un disperato movimento evolutivo, Lemma (2005) suggerisce che la pelle possa essere usata come una tela su cui la sofferenza psichica viene esteriorizzata allo scopo di trasformarla. In ultima analisi sono adolescenti con un Io fragile, non in grado di contenere pulsioni particolarmente forti e l’impatto con la realtà che in loro solleva angosce e stati di eccitazione avvertiti come non fronteggiabili.
L’approccio a questi ragazzi, sul piano della relazione analitica, appare alquanto complesso. Se da un lato infatti portano un intenso bisogno di attenzione, di un ascolto analitico capace di favorire un contatto emotivo con se stessi e che permetta la scoperta e l’integrazione di aspetti di Sé sconosciuti, dall’altro la loro fragilità non gli permette di tollerare il rischio di avvicinarsi troppo all’altro per gli aspri conflitti e le intense insicurezze da cui si difendono proprio utilizzando difese narcisistiche primitive che anestetizzano il dolore, ‘dare un taglio al dolore’ – da cui il titolo del lavoro presentato.
Due sono le principali linee di approfondimento tecnico clinico proposte da Carnevali e Masoni. In primo luogo la capacità dell'analista di osservare il controtransfert corporeo che, proprio perché si muove attraverso canali sensoriali, mette in contatto con esperienze traumatiche preverbali e dolorose in attesa di essere tradotte in uno psichismo più evoluto. Tale controtransfert consente di arrivare ad una comprensione profonda del fantasma fondamentale alla base della sofferenza del paziente. In secondo luogo la disposizione dell’analista a rendere elastico il setting per lasciarsi usare dal paziente come ‘oggetto trasformativo’ (Bollas, 1987). Il setting allargato ai genitori consente di rilevare la reciprocità dei fantasmi adolescenziali e genitoriali che spesso innescano dinamiche di potere secondo modalità sadomasochistiche. È molto importante, per favorire un lavoro di tessitura di pensieri intorno alle proiezioni familiari, disporre di un contenitore mentale gruppale (un gruppo di colleghi) che aiuti a riflettere sui personaggi sulla scena come realtà interna ed esterna, così da favorire con una sapiente scelta di timing, lo sviluppo di una possibilità di simbolizzazione da parte dei familiari coinvolti di quelle parti agite nelle dinamiche di potere. In questo lavoro i genitori sono visti come co-attori del processo terapeutico e non più tenuti separati come agenti inquinanti la visione del paziente da parte dell’analista.
Le relatrici mostrano attraverso delle vignette cliniche come gli adolescenti ricorrano a difese narcisistiche per difendersi da traumi transgenerazionali o abbandonici e da situazioni familiari carenti, ma anche come sia possibile stabilire un legame analitico forte - nonostante il massiccio ricorso da parte dei pazienti a meccanismi come la scissione, la fuga nella tossicomania e nella trasgressività, l’imporsi di un mondo interno e di dinamiche interpersonali che si muovono sul registro sadomasochistico - grazie all'utilizzo in seduta di forme creative di comunicazione. Il lavorare con i disegni, l’individuare un gergo polisemico comune analista–paziente che permetta il transito sottotraccia di contenuti indicibili, l’inventare storie, ammettere azioni che favoriscano esperienze regressive in seduta come ‘il cullarsi del paziente’ con canzoni da lui richieste, o ancora - laddove le funzioni della voce e dell'ascolto sono interdette - ricorrere a un dialogo per tramite della parola scritta, sono tutte forme speciali di significazione, legate all’unicità di quella relazione analitica che consentono la traduzione di contenuti dolorosi. Tenere presente la dimensione gruppale della mente inoltre aiuta ad avere una visione complessa dei transiti affettivi e psichici in gioco.
Le molteplici e suggestive sollecitazioni arrivate dalla platea durante la discussione hanno portato il focus della mattinata di lavoro sui fenomeni di controtransfert somatico visti come tramite dell'analista per accedere a contenuti psichici dolorosi. Sempre più spesso sia nel lavoro con gli adolescenti che con i genitori trovandosi a trattare traumatismi precoci pre-verbali, il controtransfert somatico viene avvertito come la traccia ‘incistata nel corpo’ da cui partire per una comprensione dello psichismo bloccato e da cui procedere in un cauto lavoro di elaborazione analitica. Da più parti viene riconosciuta questa come una promettente area di esplorazione e di ricerca in ambito psicoanalitico.
Bibliografia
Bollas C. (1987), L’ombra dell’oggetto, psicoanalisi del conosciuto non pensato, Roma, Borla, 1989.
Carnevali C., Bruno F. “The body, implicit place of the conflict, an exsperience of analytic psychodrama with patients with eaiting disorders” presentato al XVII Congress International Association for Group Psycoterapy and Group Processes ( I.A.G.P.) Rome, 24-29 August 2009.
Kaes R. complesso fraterno, Borla 2009
Lemma A. (2005), Sotto la pelle. Psicoanalisi delle modificazioni corporee.
Nicolò A. M. Ruggero I. (2016) La mente Adolescente e il corpo ripudiato, Franco Angeli Milano 2016
Aprile 2018