Relatori: Dott. Marco Mastella e Dott. Giorgio Campoli
29 Ottobre 2016 presso il Centro Psicoanalitico di Bologna
di Sara Del Gobbo

"La psychose: c’est autre chose"
Liliane Abensur

 

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È la Dott.ssa Ruggiero ad aprire i lavori nella giornata di studio sui "Nuclei psicotici nel bambino e nell'adulto", introducendo alcuni concetti, che serviranno da cornice alle riflessioni che si susseguiranno via via nel corso delle relazioni presentate. Il primo punto preso in esame, riguarda una precisazione: la giornata di studio odierna, non è relativa alle psicosi bensì ai nuclei psicotici. Questi fanno riferimento ai funzionamenti della mente, quindi a realtà trasformabili, mobili, mentre la psicosi rimanda all'idea di strutture più rigide, meno accessibili. Gli stati mentali psicotici sono caratterizzati da un disturbo nel rapporto tra la persona e la sua realtà interna ed esterna; quando divengono le modalità abituali per fare fronte alla sofferenza si sviluppa la malattia mentale. La dottoressa sottolinea poi come già in Freud la differenza tra sanità e malattia non fosse netta e assoluta: in ogni essere umano convivono livelli evolutivi diversi.

Successivamente si è passati a considerare come la psicoanalisi abbia cambiato nel corso del tempo il suo modo di relazionarsi alle patologie gravi; fino a non molto tempo fa, infatti, si riteneva che il metodo psicoanalitico classico non andasse bene nello studio e nel trattamento di questo tipo di pazienti. Il criterio di indicazione all'analisi sappiamo essere via via cambiato:  attualmente la psicoanalisi si occupa molto di più delle patologie gravi, che obbligano a rimodulare il setting analitico e producono un'eco importante nel controtrasfert (il paziente grave fa sentire quello che non riesce a dire per carenza della capacità di simbolizzazione) e sulla soggettività dell'analista; anche il concetto di setting è decisamente mutato, come del resto anche quello di interpretazione. La dottoressa, ha poi osservato come le patologie gravi abbiano influenzato profondamente le teorie psicoanalitiche classiche, portandole ad allargare i propri modelli di comprensione. Si sono ad esempio moltiplicati ed approfonditi gli studi sull'area preverbale, come quelli sull'enactment e sulle identificazioni proiettive, ed è mutato radicalmente il concetto di inconscio: oggi, infatti, non ci riferiamo più soltanto all’inconscio  rimosso e prestiamo attenzione ad una molteplicità di fattori non verbali prima meno considerati come l'empatia e la relazione.

La parola passa poi al Dottor Mastella che, miscelando abilmente teoria e clinica, riesce a rendere comprensibile il difficile mondo delle psicosi nei bambini e negli adolescenti. Il dottore inizia le sue riflessioni, passando in rassegna il contributo di alcuni autori che si sono occupati di psicosi infantile, a partire dai postfreudiani fino ai contemporanei.

La Klein collegò il concetto di persecutorietà e di angosce psicotiche nel bambino alla  proiezione della sua aggressività sul mondo circostante ed individuò alcuni meccanismi di difesa primitivi come caratteristici dei pazienti psicotici. Sottolineò inoltre come il simbolismo, oltre ad essere il fondamento di ogni sublimazione, è anche alla base di ogni relazione tra il soggetto e il mondo esterno. Quando le difese eccessive e premature dell'Io inibiscono lo stabilirsi di una relazione con la realtà esterna e lo sviluppo della vita di fantasia, si pongono le basi per lo sviluppo di un quadro psicotico.
Bion, dal canto suo, esplorò le conseguenze dell’odio della realtà nei pazienti psicotici, che usano forme primitive di comunicazione non verbale e non simbolica. Gli psicologi del Sé  invece concettualizzarono le psicosi come un danno grave e protratto del Sé.

Winnicott (1963) parlò della "paura del crollo", riferendosi al timore di una caduta che, pur essendo già avvenuta (con conseguente produzione patologica delle difese da parte del paziente), in realtà non è mai stata da lui  sperimentata, a causa della insufficiente formazione del suo Io. In quest’ottica, dunque, l’analisi permetterebbe al paziente di sperimentare, grazie al transfert, ciò che prima non fu sperimentato e di rivivere e significare quel fallimento ambientale-materno, avvenuto in un momento in cui la madre e il bambino erano un tutt’uno. L’analisi rappresenta quindi la possibilità attraverso cui le vicende del passato e del futuro possono presentificarsi nel qui e ora, grazie allo sviluppo della regressione.

J. Gammill, autore kleiniano, evidenziò come la scissione del Sé, rappresenti un elemento importante per la comprensione della disarmonia evolutiva del bambino. La psicosi infantile, caratterizzata dal prevalere del processo primario su quello secondario, rappresenta un disturbo complesso e bisognoso di un trattamento multimodale, lontano dall’approccio interpretativo classico. La psicoterapia dovrà basarsi sulle capacità del terapeuta, da una parte di sostenere la fiducia del bambino nella sua capacità creativa e trasformativa, dall’altra di ascoltare, osservare ed adattare le diverse strategie, all’esperienza unica di quello specifico paziente. Curare la psicosi significa cercare di rimanere vivi ed incuriositi di fronte a ciò che si manifesta in modo ripetitivo ed annichilente, senza cedere alla frequente tentazione di disperare. E’ un lavoro di rappresentazione, in cui si cerca di aiutare il paziente a dare o a restituire una forma psichica a ciò che prova interiormente; i pazienti psicotici, bloccati nei processi di simbolizzazione, vivono la realtà interna ed esterna in modo concreto, appiattito, irretito, inscatolato. L’analista quindi, proverà a dare un senso a questo linguaggio dell’atto e del corpo, che rinvia ad esperienze arcaiche mai tradotte in un codice verbale.

Il Dottor Mastella sottolinea poi l’importanza delle relazioni primarie nella costruzione della mente umana. Da qui il rilievo di interventi preventivi al manifestarsi dei disturbi psicotici, interventi che siano attenti non tanto al bambino quanto al suo ambiente di accudimento. Al fine di prevenire o intervenire precocemente, prima dello strutturarsi di quadri francamente autistici o psicotici in età evolutiva (disturbi pervasivi dello sviluppo), diventa sempre più importante estendere la tecnica dell'Infant Observation alle future madri (preinfant) e a bambini molto piccoli, sopratutto quelli a rischio, tramite le consultazioni terapeutiche e le psicoterapie genitori-bambino.
Prima di concludere, a seguito dell'illustrazione di alcune situazioni cliniche, il dottor Mastella fa alcune ultime precisazioni. Certe forme di ritiro narcisistico in età evolutiva assumono caratteristiche talmente estreme di rifiuto della realtà, da rendere il lavoro con i genitori l'unica chance per cercare di raggiungere una raffigurabilità delle fantasie, dei  sogni, delle angosce, ed evitare il prevalere del processo primario su quello secondario, con una progressiva perdita dell’esame di realtà.

Il rischio del costituirsi e del prevalere dell'uso quotidiano di un rifugio segreto della mente, comporta un aumento delle difficoltà a condividere e simbolizzare emozioni ed affetti, a dare loro un nome, una storia, uno scenario, un soggetto differenziato e separato che ne è portatore e narratore.

Negli Stati Uniti è uscito di recente un interessante volume  curato da James B.Macrthey, che esamina tanto i fattori biologici, come quelli dell'ambiente psicosociale e si sofferma sul trattamento individualizzato poliedrico a lungo temine, comprendente la psicoterapia, per giovani psicotici. Viene inoltre rilevata l'importanza di elevati tassi degli ormoni relativi allo stress, che dimostra come eventi avversi durante l'infanzia, possano incidere sullo sviluppo del cervello e della personalità , intensificando i fattori di rischio per le malattie mentali:  così come si propende per un'interazione tra fattori ambientali e vulnerabilità genetica, l'abuso e la trascuratezza nell'infanzia hanno conseguenze neurobiologiche che possono includere vulnerabilità alla schizofrenia ed il disturbo bipolare in età' adulta. Scarse sono le ricerche analoghe in età infantile; in realtà l'effetto dei traumi infantili sulle psicosi nell'adulto e nel bambino sembra accertato, insieme ai fattori ambientali e cognitivi. È' molto difficile formulare una diagnosi accurata, differenziando i sintomi psicotici dai disturbi in comorbilità; la cosa davvero importante è' sfuggire al riduzionismo rispetto agli stati mentali psicotici, riconoscendo l'interazione di diversi elementi che possono contribuire all'espressione dei disturbi psichiatrici. I fattori di rischio, come l’avere una severa storia familiare di schizofrenia o gravi disturbi dell'umore, possono contribuire all'eziopatogenesi attraverso una miriade di combinazioni diverse o in modo indipendente. La valutazione deve essere ampia, insieme all'accuratezza della raccolta della storia.

La parola passa poi al Dott. Campoli, che, con perizia e chiarezza, porta l’attenzione sul tema delle psicosi in età adulta. Uno dei principali rischi nel lavoro con la psicosi, sottolinea il relatore, è quello della possibile costruzione di narrazioni deliranti; nessuno può vantarsi di "essere in possesso della chiave d’accesso alle psicosi, ammesso e non concesso che sia scientificamente lecito pensare mai di essere in possesso di una chiave" (Campoli, 2016). Il compito di ognuno consiste nel continuare la ricerca, ciascuno nel proprio campo e mettere da parte il riduzionismo, approfondire il dialogo, intraprendere collaborazioni.

Il tema del pomeriggio è dunque inerente ai nuclei psicotici nei pazienti adulti, dove per nucleo si intende la parte centrale di qualcosa, spesso più compatta e differenziata rispetto a ciò che la circonda. Quando parliamo di nuclei psicotici, non intendiamo qualcosa di definito, strutturalmente e definitivamente rigido, ma di aperto, in relazione ad altri elementi, qualcosa che può quindi cambiare e trasformarsi.  Ci riferiamo ad aspetti che possono emergere in modo inatteso, come transitori lampi o collassi del pensiero e delle emozioni, ed avere destini diversi nelle diverse condizioni di vita, compresa l’analisi. In essa è auspicabile che, grazie alla regressione, essi possano essere elaborati evolutivamente e non dare luogo a break down psicotici.

L’autore si sofferma poi a considerare il contributo di due psicoanalisti statunitensi, che si sono a lungo dedicati allo studio dell’oscuro mondo psicotico. Entrambi parlano di nucleo al singolare, come se esistesse un unico nucleo psicotico, responsabile di tali funzionamenti.
Il primo è Loewald, che si è occupato in particolare del declino del complesso edipico; egli ha ipotizzato che un nucleo psicotico possa formarsi negli stadi primordiali della vita di ogni bambino, come prodotto delle contemporanee e contrastanti spinte verso il narcisismo primario e la separazione-individuazione. Questa tensione fra l’unione e la separatezza sarebbe anch’essa un elemento costitutivo della vita psichica, attivo in tutte le età, fonte di salute e di patologie più serie. La formazione del nucleo psicotico renderebbe meno netta la distinzione tra la realtà psichica interna soggettiva, e la realtà esterna oggettiva, e influenzerebbe anche le vicissitudini del complesso edipico, pervadendo a livelli diversi i suoi fondamenti.

Il secondo è Eigen, che nel suo libro The Psycotic Core (1986), ha inteso studiare l’origine dei funzionamenti inconsci del nucleo psicotico, il quale non costituisce un elemento fondante la psiche umana, ma sarebbe presente soltanto nei soggetti psicotici. Partendo da prospettive teoriche diverse, entrambi gli autori mettono al centro della loro ricerca la struttura "distinzione-unione", come costitutiva dello psichismo umano.

"Conosco ormai l'incostanza di tutti i rapporti umani
e ho imparato a isolarmi dal freddo e dal caldo
in modo da garantirmi comunque un buon equilibrio termico"
Albert Einstein

 

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