Relatore: Dott. Marco Mastella
Seminario del Centro Psicoanalitico di Bologna, 18 aprile 2015
Ultimo seminario del ciclo “Infanzia, Adolescenza, Genitorialità” tenuto da Marco Mastella, Segretario Scientifico del CPB, esperto in psicoanalisi bambino/adolescente.
Mastella ha scelto di comunicare direttamente con i presenti, lasciando alla riflessione personale la lettura del testo presentato, denso di riferimenti bibliografici classici e recenti, ed ha parlato dei temi relativi alla genitorialità adottiva, ai genitori di nascita, all'effetto dell'abbandono sulla crescita di un bambino adottivo fino alle soglie della pubertà. Avendo in mente un lavoro complessivo che comprende l’arco evolutivo, compreso l’accesso alla genitorialità di persone che sono state adottate. Ciò che viene rappresentato nel suo discorso è il mondo interno delle persone adottate e la loro difficoltà di integrare il mondo delle origini con la realtà attuale.
Marco Mastella ci ha raccontato i primi approcci che ha avuto molti anni fa, appena laureato, con bambini che erano ricoverati all'interno di una clinica pediatrica. In quella occasione gli è capitato di fare un'esperienza emotiva molto forte: ricorda lo sguardo perso nel vuoto di un bambino di due anni, dentro una culla, che non parlava e non giocava, limitandosi a dondolarsi. L'approccio sanitario a quel bambino all'interno della clinica era di verificare se soffrisse di un malassorbimento intestinale. Era un bambino che veniva da un orfanotrofio, ma nessuno sembrava dare rilevanza causale a uno stato di deprivazione come quelli descritti da Spitz. Negli anni seguenti il relatore ha potuto osservare situazioni simili di bambini che hanno invece avuto evoluzioni molto positive grazie a dei genitori adottivi che li hanno salvati da tutti i punti di vista: fisico, mentale e affettivo. Sono situazioni che anche al giorno d'oggi verrebbero descritte, in omaggio a un semplicismo classificatorio abile nell'individuare sintomi e diagnosi, come bambini autistici. Nel caso descritto in un libro citato da Mastella ( Percoco "Nato da un aquilone bianco"), una madre trova il modo di entrare in un contatto molto profondo con il proprio bambino avvolgendosi con lui in un lenzuolo bianco, come un rifugio comune, che ha permesso un'intimità fisica e psichica per uscire da una situazione di ritiro estremo e poter condividere una nuova relazione. Secondo la Artoni-Schlesinger, i bambini adottati passano da momenti in cui è come se avessero una pelle estremamente sensibile, vulnerabile, ad altri momenti in cui erigono grandi barriere difensive, come dei muri. Una fantasia delle madri adottive è allora quella di trovare un punto di comunicazione e di condivisione che assomiglia a una embricazione genetica,una fantasia di penetrazione nella intimità più profonda del figlio, per imprimere in lui proprie tracce, oppure possono cercare di funzionare come un ambiente sul quale il bambino può lasciare le sue tracce.
Lo psicoanalista Philip Bromberg, per spiegare gli effetti a distanza del trauma, presuppone l'esistenza di molteplici Sé: la salute, secondo questo autore, è la capacità di rimanere negli spazi tra realtà diverse, senza perderne alcuna.
Betty Jean Lifton, una psicologa che è stata una bambina adottiva (suo il libro non ancora tradotto “Lost and Found”) sostiene che dobbiamo tenere conto del "triangolo adottivo": madre e padre di nascita; bambino nato in una condizione in cui l'ambiente per varie ragioni non lo può tenere e aspiranti genitori adottivi (con le fantasie sul loro bambino non nato, aggiunge Mastella). C'è un bambino che nasce in un posto sbagliato, inadatto a tenerlo in vita, e dei genitori che sono in attesa di un bambino che è da qualche parte nel mondo. Secondo Danielle Quinodoz si viene a creare una dicotomia nel mondo interno della persona adottata, una cesura che porta alla sensazione di una scomparsa nel nulla, di una perdita della memoria delle origini ( mentre rimangono tracce della memoria implicita, inconsapevole, preverbale) e si trasforma nella impossibilità di elaborare la perdita. Una parte di Sé è come morta psichicamente insieme alla scomparsa dell’ambiente originario, i genitori di nascita e il loro paese, lingua, usi e costumi; ma qualcosa misteriosamente rimane, come in un ‘doppio fondo’, e prima o poi tornerà alla luce, soprattutto poco prima dello sviluppo puberale. L’adolescenza e le profonde trasformazioni che comporta non potrà essere affrontata e tollerata se non ci sarà una rielaborazione profonda, individuale e nella famiglia adottiva, della questione delle proprie origini, a livello intrapsichico, interpsichico e storico, ‘reale’.
Il corpo conserva, come un testimone, la traccia genetica dei propri genitori: per questo in adolescenza l'autolesionismo può assumere il significato di un attacco ai genitori biologici.
Il bambino adottivo ha un bisogno costante di oscillare tra integrazione e separazione, tra presente, passato e futuro e deve tollerare queste oscillazioni per poter interiorizzare una madre e un padre adottivi che sappiano contenere, integrare i due mondi, con le emozioni e fantasie relative: quello in cui il figlio è nato ed ha vissuto per un pò e quello in cui vive, la realtà interna e quella esterna, con due coppie di genitori, quelli di nascita e quelli adottivi. I genitori adottivi sono quelli che restano sulla scena e diventano il bersaglio dei sentimenti diretti verso tutte e due le coppie di genitori: quella originaria e quella attuale.
Winnicott sosteneva che l'adozione rappresenta un duro lavoro, più difficile della genitorialità naturale, per il quale occorre poter pensare ad un impegno che riguarderà 25 o 30 anni della propria vita. La genitorialità adottiva sembra offrire al bambino che ha perduto (o mai trovato) i genitori naturali opportunità di sviluppo migliori rispetto al bambino che cresce in comunità, senza famiglia, anche se con sostegno dei servizi sociali; ma non è un’esperienza del tutto analoga all’esperienza di una genitorialità naturale: richiede spesso una valenza terapeutica, un coinvolgimento emotivo molto profondo che può richiedere l’appoggio di un lavoro di gruppo, la partecipazione a gruppi di auto aiuto oppure gruppi condotti da uno psicoterapeuta, uno psicoanalista esperto. Da questo tipo di esperienza è nato il libro di Marco Mastella “Sognare e crescere il figlio di un’altra donna”, in cui viene descritta l’esperienza pluriennale di esplorazione associativa delle modalità di elaborazione di tali esperienze da parte di genitori adottivi, invitati anche a raccontare i propri sogni, come spunto per le associazioni effettuate da altri genitori. È importante, scrive Mastella citando Winnicott, costituire per i genitori un riferimento affidabile, prolungato nel tempo. Per ognuno di noi il tema della ricerca e accettazione delle proprie origini è fondamentale. Il bambino adottivo si confronterà sempre con due questioni: “chi erano i miei genitori biologici” e “perché non mi hanno tenuto”. Ciò crea una rappresentazione dei genitori originari che diventa un locus per sentimenti e fantasie che derivano dai sentimenti e dalle fantasie che si sviluppano nel rapporto con i genitori adottivi.
L'adozione è intergenerazionale e coinvolge anche i nonni. I conflitti generazionali dei genitori adottivi con i nonni adottivi possono avere un impatto positivo o negativo e forniscono comunque una base importante per una rappresentazione profonda del legame tra le generazioni.
Per una crescita integrata occorre fare i conti con almeno due coppie di genitori come nel mito di Edipo: i genitori di Tebe e quelli di Corinto, i genitori di nascita e i genitori adottivi, i genitori che hanno rapporti sessuali, generano ma non sanno tenere e quelli che pur avendo rapporti sessuali, non procreano, ma accolgono.
Anche il terapeuta deve avere uno spazio mentale per i genitori presenti e per quelli assenti. L'assenza dell'incontro con il seno, con la madre ambiente, apre la via, nel bambino piccolo abbandonato, a una serie pressoché infinita di non-soddisfazioni, di non-incontri, non-esperienze, non-pensieri, non-legami (il trauma del non avvenuto). Ciò che avviene ha così il sapore del surrogato al posto dell'originale. Una parte degli stati del Sé rimane non rappresentata ed è quella parte che si sviluppa nella interazione precoce con la madre in un periodo di dipendenza assoluta.
Compito della psicoterapia è aiutare la costruzione di legami mentali profondi all’interno della famiglia adottiva, legami che tengano e che aiutino a tollerare ed elaborare il dolore mentale dei figli e dei genitori (adozione riuscita) ; compito dell'analisi di una persona adottata è quello di toccare il tema dell'assenza e mostrarne la ricaduta sul paziente. In questo modo l'assenza si trasforma da non-senso in significatività condivisa. Particolarmente interessante è il tema degli effetti dei traumi, a vari livelli, il tema delle difese, in particolare l’indifferenza alla presenza e all’assenza dell’analista, che segnala, secondo D. Quinodoz, il transfert dell’oggetto buco (hole object), concetto diverso da oggetto assente, o oggetto melanconico…
Dal pubblico sono arrivati interventi e considerazioni sull'importanza dei gruppi di auto aiuto, sul ruolo dei nonni e sulla ricerca dei genitori di nascita, nonché sulla funzione del padre adottivo e sulle fantasie edipiche, nella duplice direzione madre-padre verso il figlio e del figlio verso madre –padre. Fantasie che possono essere espresse molto più violentemente che in altre situazioni,che non vanno prese ‘alla lettera’, come ‘progetti’, intenzioni, e che richiedono un continuo lavoro terapeutico di simbolizzazione, con lo svolgimento di funzioni che Roussillon distingue come foriche, semaforiche e metaforiche
Il materiale clinico presentato dal Dott. Mastella, riguardava una terapia congiunta madre-bambino, protrattasi nel tempo e che si è articolata, dopo alcuni anni, in uno spazio dedicato separatamente al bambino e ai genitori. Il bambino è passato attraverso la ‘messa in scena’ di situazioni traumatiche, con la rappresentazione, nel gioco e nei disegni in seduta, di incidenti, cadute, morti, catastrofi, salvataggi eroici, zombies, senza alcun apparente collegamento emotivo tra immagini ed esperienza personale: alla madre e all'analista veniva lasciato il compito di elaborare internamente la violenza che questo impatto emotivo comportava su di loro. Parallelamente,il bambino ha costruito, nel corso delle sedute, una tana, un rifugio prima solo per sé, poi per sé e la madre, alla presenza dell’analista.
La tana è poi diventata una moto per girare il mondo, solo e con la madre, con cui ha voluto fossero celebrate, nel corso del gioco, le nozze. Alle soglie della pubertà è risultato opportuno, per via della elaborazione transfero-controtransferale dell’analista, passare ad un ciclo di sedute psicoterapiche individuali. Ciò ha permesso al piccolo paziente di introdurre l’analista nel suo rifugio segreto, alla presenza dei suoi tesori, una vera e propria realtà parallela, sotterranea. Il bambino ha potuto rappresentare la scoperta di uno strumento quasi magico che aveva il compito di “riparare” e questa è stata la manifestazione di una disponibilità ad avvicinarsi ai nuclei più profondi della sua sofferenza e delle sue angosce, che vanno assumendo una tonalità depressiva. Ciò ha portato alla crescita di una dimensione in cui cominciava ad esser contemplato il triangolo adottivo e la consapevolezza di un proprio radicamento che può essere rappresentato come l'innesto di un ramo in un albero; un albero molto particolare, ‘carnivoro’, che si nutre dei vivi presenti, ma che pianta le sue radici in due tombe, nel paese della solitudine, della depressione senza nome, del ‘sole nero, cattivo’, ma che conserva la speranza nell’esistenza del ‘cerchio magico’ degli amici.
Il bambino è riuscito a costruire una storia in collaborazione con l'analista attraverso la rappresentazione della rottura e del dolore subiti, una storia che rappresenta una nuova narrativa della sua vicenda, con riferimenti molto toccanti alla sua soggettivazione, passata, presente e futura; e al difficile processo di differenziazione rispetto alla matrice delle due coppie di genitori che hanno contribuito alla sua/sue ‘venuta al mondo’ e alla sua/e esistenza/e. In filigrana si intravvedono le tematiche della sessualità e delle fantasie relative alla scena primaria che ha dato origine al suo concepimento e alla scena primaria nella coppia dei genitori adottivi, in cui desiderio e concepimento biologico restano separati.
Nello scritto si ritrovano molti rimandi riguardo a queste tematiche, e alle modalità più opportune per riprenderle, sempre in termini riadattati alla fase della vita, da parte dei genitori adottivi.
Per concludere, in una citazione presa dal lavoro di Mastella, l'ipotesi del gruppo di lavoro sulle adozioni condotto da Artoni Schlesinger (2011) è "che la narrazione di una storia di sé, anche se nuova e non appoggiata ad avvenimenti reali, sia in grado di fare quello che la conoscenza storica non può, da sola, costruire nel bambino (adolescente/adulto) adottato: cioè un'immagine di sé non più frammentata che gli permetta un normale inserimento nel tessuto sociale in cui vive".
25-04-2015