Si riapre la stagione degli appuntamenti presso il Centro psicoanalitico bolognese;  nell’ambito della rassegna “Leggere Insieme”, dedicata alla presentazione e discussione di libri inerenti la psicoanalisi e temi ad essa correlati, la giornata del 3 ottobre 2015, ha avuto come protagonisti due libri: “L’adolescente e il suo psicoanalista” (G. Monniello) e il “Il ricovero psichiatrico ospedaliero” (V. Ferioli). La presentazione dei libri si è rivelata essere lo spunto per una mattinata densa di riflessioni e interventi sentiti.
Perché accostare queste due tematiche, crisi adolescenziale e ricovero in psichiatria?  Di certo, psicoanalisti ed operatori della psichiatria si trovano a occuparsi di adolescenti  in crisi, a decidere quale sia l’intervento più appropriato in questa  fase della vita caratterizzata da cambiamenti dirompenti, a scegliere di collaborare tra di loro o erigere muri, a detrimento del paziente, ognuno a difendere il proprio operato come l’unico possibile.
Questo seminario ci ha permesso di riflettere su questo difficile ma necessario rapporto tra operatori che rischiano di essere in disaccordo sino ad ignorarsi.
E così si sono ritrovati intorno al tavolo, accanto ai due autori, analisti, psichiatri, psicologi che svolgono la loro attività privatamente e nel Servizio  pubblico, nel tentativo riuscito di un ritrovato riconoscimento reciproco della specificità delle diverse competenze, messe da parte posizioni di ritiro difensivo entro le proprie mura più o meno dorate,.   
Dopo il saluto del dott. Mastella, la dott.ssa G. Minenna, psichiatra e psicoanalista del Centro Bolognese, che fino a qualche mese fa lavorava in un Centro di Salute Mentale, racconta la sua personale esperienza come referente di un progetto volto alla individuazione e presa in carico dei pazienti adolescenti con esordio psicotico.
Evidenzia l’importanza del gruppo di lavoro e della sua coesione, poiché l’equipe  deve rappresentare una base sicura che prende in cura con continuità, nonostante i continui attacchi dall’esterno ( pazienti, familiari, caregivers) e dall’interno ( poche risorse messe a disposizione a fronte di un gran numero di richieste).
Il dott. G. Monniello, psichiatra e psicoanalista, lavora a Roma  presso un Day Hospital del Servizio pubblico che accoglie adolescenti con gravi disturbi. Ha sottolineato, come dalla sua esperienza, si evidenzi la fatica di coinvolgere il giovane in una relazione terapeutica che implicitamente chiede di tradire la relazione con genitori, spesso caratterizzata  da aspetti incestuosi, controllanti e pervasivi che  ostacolano la circolarità delle emozioni.
L’adolescente di oggi, sembra non avere una struttura sufficientemente definita per affrontare la rottura somatopsichica tipica dell’adolescenza, che permette la soggettivizzazione e la presa di consapevolezza delle proprie emozioni, nonché la possibilità di poterne parlare. A questo potrà dare parola la relazione con il terapeuta.
L’appropriarsi di qualcosa, a favore del processo di soggettivizzazione, implica un distacco, una separazione, cioè il poter “tradire” la relazione con le figure genitoriali per  investire su una nuova relazione : quella terapeutica in questo caso.
Il dott. Monniello, parlando del lavoro presso il Day Hospital, evidenzia che la maggior parte delle strutture dedicate all’adolescenza finiscono per diventare uno spazio-pronto soccorso  d’urgenza più che un centro di ascolto, capace di farsi carico di richieste differenziate.  Spesso si è in presenza di casi clinici che necessitano di essere accompagnati per anni per cui diventa indispensabile appoggiarsi ad una rete esterna di supporto più a lungo termine, magari rivolgendosi anche al circuito privato. E qui torna la necessità reale di un possibile intreccio tra pubblico e privato.
Al dott. Monniello fa seguito l’intervento della dott.ssa D. Marangoni e della dott.ssa A. Saccani, entrambe analiste del Centro bolognese, che fanno parte di un’equipe multidisciplinare, per adolescenti problematici,  messa a punto nell’AUSL di Ravenna.
L’equipe multidisciplinare è stata pensata allo scopo di superare le discontinuità tra i servizi, all’interno del Dipartimento di Salute Mentale e servizi contigui: servizi che spesso lavorano sullo stesso paziente multiproblematico ma non all’unisono, con interventi multipli ma non coordinati tra di loro, come spesso accade, ad esempio, al compimento del diciottesimo anno, nel passaggio dal Servizio Materno Infantile a quello Adulti, con possibile  perdita della storia del  paziente.
L’ equipe multidisciplinare, pur garantendo la continuità terapeutica, fa però i conti anch’essa con le politiche sanitarie non favorevoli, con i continui tagli di spesa e con il turn over degli operatori,  che comporta  continui cambiamenti e perdite.
A questo proposito la dott.ssa Saccani, nel suo intervento, si chiede se l’interruzione di un trattamento  non possa anche rappresentare  la percezione di  rotture e cambiamenti interni all’equipe.
La dott.ssa Marangoni, infine, ribadisce la distanza tra psichiatria e la psicoanalisi: vicine ma estranee. La speranza è che queste due discipline possano incrociarsi e nutrirsi l’una dell’altra.
Diversi interventi del pubblico presente sottolineano la difficoltà di muoversi all’interno dei servizi pubblici dove ogni passaggio è affidato ai protocolli che sembravano nati per porre chiarezza e flessibilità tra i diversi servizi dipartimentali ma che di fatto hanno apportato ulteriore burocrazia e ingessato ulteriormente i difficili rapporti all’interno di servizi contigui.

La seconda parte della mattinata è dedicata al ricovero in ambiente psichiatrico, tema del libro scritto dal dott. V.Ferioli, psichiatra  ed analista, che ha lavorato per molti anni nel Servizio pubblico.
I luoghi di ricovero psichiatrici sono ancora oggi pregni di fantasmi, come se varcare quella porta possa rappresentare un viaggio senza ritorno. A discutere del significato attuale del ricovero assieme al dott. Ferioli  sono il dott. R.Zanfini, psichiatra responsabile del Diagnosi e Cura di Ravenna e il dott. R.Muratori attuale responsabile del Diagnosi e Cura di San Giovanni in Persiceto.
Il dott. Zanfini, propone  un modello biopsicosociale della malattia psichiatrica. Focalizza l’importanza di una buona valutazione  iniziale che permette di “stadiare” la fase della malattia in quanto ad ogni stadio corrisponde un ventaglio di  trattamenti possibili, farmacologico, psicoeducativo, individuale o familiare. Spesso sono necessari interventi multidisciplinari, da qui l’importanza dell’equipe messa a punto presso il DSM di Ravenna.
Il dott. Muratori, nel suo intervento, descrive come la relazione con il paziente sembri essere l’elemento più asfissiato e sofferente in questo crescente clima di tagli alla sanità: meno operatori, giornate di ricovero da rispettare, ottimizzazione dei tempi etc … Questo genera negli operatori forti angosce, perché viene meno il tempo per pensare. Emerge, inoltre, la necessità di intervenire con la prevenzione secondaria che permette di evitare la spirale della cronicità.
Il dott. Ferioli, nel suo libro affronta anche il tema della relazione in ambito ospedaliero. Qui il terapeuta è il gruppo curante non il singolo operatore. Come nel setting psicoanalitico, la relazione con il paziente ospedalizzato è centrale ma ancora più complessa da gestire.  Essa si declina spazio-temporalmente in qualcosa di costante, l’equipe curante, (medici ed operatori insieme), rappresenta una possibilità di cura intensiva, che si esplica attraverso ogni gesto: dal come si porge la terapia al paziente, alla cura dei bisogni più essenziali e vitali. E’ fondamentale “somministrare” con rispetto, perché ogni interazione è carica di significato.
Gli operatori sono esposti a interazioni emotive forti, che li rendono possibili attori di  acting che possono essere compresi con l’analisi del controtransfert: lavoro analitico che  permette di ridurre i fallimenti della cura, mantenendo come centro di attenzione la relazione.
A questo proposito si osserva come la formazione e soprattutto le supervisioni  possano essere strumenti fondamentali per mantenere la riflessione sul proprio operare e sulle conseguenze che questo ha  nella relazione terapeutica. La qualità psicoanalitica dell’ascolto viene riconosciuta come una strada privilegiata di analisi e comprensione.
A conclusione della giornata, la dott.ssa Ruggiero ha proposto come filo rosso di collegamento tra il trattamento dell’adolescente problematico e il ricovero  psichiatrico la necessità della  passione per il prendersi cura, che può permettere di riconoscere  tanto i muri che impediscono al giovane paziente la soggettivizzazione, quanto quelli che possono crearsi tra terapeuta e paziente. Il controtransfert del terapeuta  è il corrimano che permette di percorrere più agevolmente la discesa o la salita al paziente anche se, nel caso dei pazienti più gravi, è necessaria una presenza “terza” per contenere le angosce del paziente , che viene individuata nel gruppo e nell’equipe curante.
 

(ottobre 2015)

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