Cos’hanno in comune Cinema e Psicoanalisi?
A questa domanda possiamo rispondere in molti modi...
Qualcuno direbbe “la data di nascita”. Il 1895 vede infatti la prima proiezione di un film su uno schermo cinematografico - il famoso arrivo di un treno in stazione filmato dai fratelli Lumiere, che tanta impressione e paura suscitò nei primi spettatori - ed anche la prima pubblicazione degli Studi sull’isteria di Freud e Breuer, che non meno clamore suscitò all’interno della comunità scientifica
“La grande importanza data alle immagini”, potrebbe dire qualcun altro.
Se il cinema è un raccontare per immagini anche la psicoanalisi, che pure ha fin dall’inizio riservato alla parola ed al linguaggio verbale un’attenzione privilegiata, è andata poi sempre più riconoscendo che all’origine del pensiero c’è proprio l’immagine, il “pittogramma”, che per primo è in grado di rappresentare simbolicamente un’emozione. E sono spesso le immagini che si accendono in seduta nella mente dell’analista a guidarlo nel dare senso e nuovo significato all’ascolto del paziente.
Terzo, ma non ultimo, la centralità del sogno, della dimensione onirica.
Se “ L’interpretazione dei sogni” è il testo che più di ogni altro ha fondato le basi della teoria psicoanalitica il secondo nome della Mecca del Cinema, Hollywood, è proprio “la fabbrica dei sogni”. Ed è a questa sua caratteristica che si riferisce l’immagine che apre questa rubrica, tratta dal film di Woody Allen “La rosa purpurea del Cairo”, in cui la protagonista si identifica talmente nei personaggi dei film da vederli uscire dallo schermo e interagire con lei come persone reali.
E’ proprio questa capacità di identificazione che rende un pò magica non solo la visione di un film ma anche una buona seduta di psicoanalisi, quando i personaggi delle nostre fantasie, più o meno inconsce, prendono forma e si animano dando origine ad una “trama”, un racconto che ha nella stanza d’analisi il suo palcoscenico.
Non stupisce quindi che l’incontro tra Cinema e Psicoanalisi possa essere molto fertile. Se da un lato molti registi (Hitchcock, Bergman, Fellini e Woody Allen tra i tanti) si sono ispirati alla psicoanalisi nella costruzione dei loro film molti analisti, oltre ad utilizzare la psicoanalisi per “leggere” e dare un proprio significato alle opere cinematografiche, vi fanno talvolta ricorso per illustrare il loro pensiero, come accade anche con le poesie o i romanzi.
E forse ancor più importante è ciò che può nascere dall’incontro di un film e della “funzione analitica della mente”, quell’insieme di capacità e abilità psicologiche, che non sono certo proprietà esclusiva degli analisti ma che ognuno di noi possiede e può coltivare.
Ecco che allora il risultato potrebbe essere non la “traduzione psicoanalitica” del film quanto piuttosto la capacità di “sognare” il film, ricreandolo nella propria mente ognuno a modo proprio, così da ampliarne più che definirne il significato.
In questa rubrica ci auguriamo possiate trovare esempi di queste, spero felici , contaminazioni tra quelle, che mi piace chiamare, due “arti” non solo attraverso commenti di film o di serie televisive, di eventi e rassegne, ma anche segnalazioni e recensioni di articoli e libri di psicoanalisti, che del rapporto tra Cinema e Psicoanalisi hanno fatto oggetto di interesse e di studio. Utili strumenti, speriamo, perchè ognuno di noi possa affinare il proprio sguardo e cercare di “sognare” i propri film.
Per l’invio di materiali: Roberto Verlato