Un infortunio lessicale, come si vedrà – imbarazzante, abita assai spesso le nostre scritture psicoanalitiche. Com’è noto, Freud chiamò “uberdragung” il concetto cardine della psicoanalisi, quel transfert la cui interpretazione, come la leva di Archimede, dato un punto d’appoggio, promette, e spesso permette, di sollevare il mondo (interno, nel nostro caso).

Cesare Musatti, il grande curatore dell’edizione italiana dell’immensa miniera freudiana, fece tradurre quella parola con traslazione, memore del latino fero, tuli, latum, ferre: porto, che per via del trans diventa trasporto, metafora di investimento affettivo.
La traslazione musattiana - come la meno frequente trasferenza – non ebbe fortuna, quasi ovunque sovrastata dal transfert.
E’ qui la radice dell’incidente lessicale: l’aggettivazione del transfert è, fatalmente, transferale: peccato che ferale significhi propriamente mortifero, maligno, sinistro, funerario, che insomma porta dritto al cimitero. Basterebbe allungare appena l’importante aggettivo: trasferenziale. E però l’uso è – democraticamente? – sovrano e ha ratificato tanti altri strafalcioni: così i bravi erano in realtà barbari, ma la barbarie divenne bravura, a patto che non ritorni a fare bravate
Puntiglio lessicale a parte, continua a meravigliarci l’abissale, non sai se dirla invenzione o scoperta, pensata freudiana dell’inconscio e del transfert e relative interpretazioni, ponti di transito transustanziante tra l’inconscio muscolo cardiaco e il cuore, luogo simbolico degli affetti.

Per millenni il pensare umano è vissuto nella tenace illusione che il Cogito potesse esaurire il sapere (nonostante l’avvertimento socratico ‘unum scio: nihil scire’); il postulato dell’inconscio scuoteva dalle radici questa pretesa onniscienza, promettendo poi, in risarcimento della ferita narcisistica, la paziente conquista e messa in coltura dei campi oscuri, ad opera della presa di coscienza.
Allo stesso modo, tre secoli prima, il “firmamento” tolemaico, incautamente patrocinato dalla Chiesa di Roma, era stato sconvolto dalla sua perfetta fermezza da Copernico e visibilmente da Galileo, il quale aveva nominato “stelle medicee” i piccoli satelliti che fanno girotondo intorno a Giove, fatalmente “bucando” il suo Cielo di perfetto cristallo. La protezione fiorentina gli ha probabilmente salvato la vita, ma non lo ha sottratto all’abiura.
“Messeri, mettete l’occhio” - dice Galilei, rivolgendosi ai sapienti aristotelici riuniti intorno al suo cannocchiale (così gli fa dire Bertold Brecht in un dramma a lui intitolato; “Messeri mettete l’occhio”): è l’atto di fondazione della scienza moderna, opera collettiva, non più soltanto invenzione del genio solitario.
“Signori, mettetevi in ascolto”- direbbe Freud.; e solo dopo aver molto ascoltato di argomenti inauditi, perché messi a tacere da ascoltatori pavidi o arroganti, pensamenti sottratti alle parole e perciò mai di/mostrati e dunque rimasti in vario modo mostruosi; solo dopo aver molto ascoltato, porgete parole chiare e finalmente belle, atte a mettere un senso dove era un peso, talora soffocante e invivibile. Chè questo era propriamente il manicomio: il campo di concentramento degli inascoltati.

Gino Zucchini

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