Diop ha il dono di una scrittura potente a calare il lettore nell’addiaccio zuppo delle trincee, nell’odore di paura e morte degli assalti, nel fango freddo di quella guerra corpo a corpo dove l’incontro-scontro di umanità è ancora presenza ravvicinata. Guardiamo quegli squarci di terra nera di sangue dagli occhi di Alfa, dalla narrazione dura e suggestiva del suo flusso di coscienza, mentre stretto alla mano dell’amico che muore, narra il travaglio dei pensieri a dirimere un nuovo senso da dare alle cose. “Forse per salvarmi l’anima, forse per restare quello che coloro che mi hanno allevato hanno voluto che fossi davanti a Dio e davanti agli uomini”. Alfa scopre come la guerra rovesci l’umanità e tutto ciò che conosceva come giusto. È il racconto di una frattura: “il dentro della mia mente era di fuori”, una ragione che si spalanca all’urto di ogni occorrenza. Sciolto ogni legame, scivola nell’impensabile. Si può approdare a un assetto schizoparanoide per ricompattare il sé quando è in pericolo. Come le lucertole, si può sacrificare una parte per salvare il resto.

Leggi tutto l'articolo originale su SpiWeb

 

We use cookies
Il nostro sito utilizza i cookie, ma solo cookie tecnici e di sessione che sono essenziali per il funzionamento del sito stesso. Non usiamo nessun cookie di profilazione.