Quindici cani, romanzo apologo dello scrittore canadese André Alexis, ha il grande merito di invitare il lettore a riflettere sulla vera essenza della caninità, intrecciata a quella parte di umanità più ineffabile. Attraverso una scrittura viva e sensoriale, l’autore ci accompagna in una Toronto in cui per un beffardo scherzo degli dèi, Apollo ed Ermes, 15 cani, ricoverati in una clinica veterinaria, si trovano investiti del più scomodo e pericoloso dei doni, la coscienza umana. Per scommessa, cosi come lo è la vita, i due assistono beffardi alle vicissitudini del branco, che a tratti ricorda la fattoria orwelliana. Sullo sfondo padroni umani inadeguati e sfuggenti, indecifrabili o instabili, in primo piano creature che devono fare i conti con la nascita del pensiero ed attrezzarsi di un bagaglio linguistico, la nuova lingua del branco, che mette in crisi l’unico fattore di sopravvivenza, fino a quel momento rappresentato dall’istinto. Se il Pallino di Bulgakov in Cuore di cane, davanti all’insegna della macelleria, si chiedeva «a cosa serve leggere, quando l’odore della carne si sente anche da lontano», i cani di Alexis, toccano i punti salienti della riflessione filosofica che accompagna l'uomo dalla notte dei tempi, i rapporti sociali, quelli di forza, le gerarchie, gli istinti, il senso della vita, il significato del tempo e infine, l'amore. Perchè obiettivo della scommessa è quello di arrivare a dimostrare se qualcuno dei cani attrezzato di coscienza potrà morire felice. La felicità spiegata attraverso le particelle olfattive di un cane, la mente in un'altra mente, quella del barbone Majnoun e della sua padrona umana Nira. Ultimo superstite Prince, meticcio cieco che compone poesie, e che per questo si garantisce l’esilio dal branco,

«gli restava tuttavia almeno una cosa che amava, una cosa che non avrebbe mai abbandonato: la lingua del suo branco.»

Al di là della scommessa, nel fine reticolo del racconto, da una parte gli immortali, arroganti e divini, dall’altra i mortali, così estremamente affascinanti. Ecco il fulcro dell’amore segreto degli dèi per le creature umane, la morte, che permea ogni fibra della vita, e dal pensiero della morte, secondo Ermes, nasce l’amore, sentimento pressoché sconosciuto agli dèi. Una lezione magistrale che il dio riceverà grazie all’intermediario Prince.

«Pensando al cane, Ermes ebbe un moto di soddisfazione.»

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