"Conoscenza scientifica e abilità tecnica si trovano nella condizione
di spiegare qualcosa senza nulla comprendere
a meno di non considerare compreso un fenomeno
per il solo fatto che gli si è assegnato un nome."
K. Jaspers

Ciò su cui le Autrici riflettono è l’uso dilatato e aspecifico che il termine stress ha acquisito nel nostro linguaggio. Passepartout che elude la complessità del sentire emotivo, mescolando eventi esterni e interni e confondendo cause ed effetti, sembra ormai connotarsi come chiave di lettura privilegiata del disagio contemporaneo, sbrigativa spiegazione causale e tautologica che liquida la complessità con una pseudo-rivelazione dell’incompreso.
Nel suo alveo, eventi stressanti e tensioni emotive convergono confondendo gli "articolati passaggi fra psiche e soma, intrapsichico e interpersonale, individuo e ambiente, norma e libertà, sofferenza esistenziale e malattia: i nodi cruciali della nostra esistenza e del nostro rapporto con il mondo che il concetto di stress, se malamente o troppo estensivamente inteso, tende a oscurare e banalizzare."
Ciò che va a discapito della precisione non è questione puramente formale se preclude una migliore conoscenza, se spostando all’esterno le cause - così come i rimedi - finisce con il non farci fare i conti con le fragilità personali nel fronteggiare le difficoltà del vivere. Si, perché ormai lo stress pare la reazione a qualsivoglia stimolo o evento, i ritmi di lavoro come le vacanze, il cambiamento come la monotonia, divorziare come sposarsi. Fa pensare che ormai l’esistenza stessa sia divenuta stressante, e che il rimedio stia in una soluzione farmacologica o nell’esperto prêt-a-porter sembra una risposta al malessere che non fa che alimentarlo.
Se lo stress - nella sua accezione di distress - segnala il venir meno della capacità di adattamento, pena un sentimento d’inadeguatezza o d’esclusione, non è certo facile da dipanare la questione della bontà dei valori cui siamo chiamati ad adattarci.
Quando Freud ne "Il disagio della civiltà" descriveva la natura conflittuale del rapporto individuo-società, nominava in fondo anche il lavoro psichico necessario a mediare fra il piano dell’esperienza personale e l’impatto della mentalità culturale, la tensione irriducibile dell’umano fra bisogno di appartenenza e riconoscimento e posizioni di autonomia. Ogni epoca esercita la sua influenza attraverso spinte conformistiche e criteri di accettabilità sociale, condizionamenti per lo più inconsci cui nessuno è immune. E nel politeismo dei valori cui siamo esposti, fra diktat di produttività e stilemi del successo, c’è forse da considerare anche l’ingerenza di quel che Foucault definisce la biopolitica: l’esercizio di potere di foggia recente che, assunto il compito di garantire ai propri cittadini le migliori condizioni di vita, è arrivato a legiferare in materia di vita e di morte, di salute e di igiene, attraverso interventi e controlli regolatori.
È senz’altro un affresco fedele quello che dipinge un’epoca edonista e narcisa, pungolata da una compulsione al godimento, caratterizzata da un esasperato individualismo, da strutture identitarie sempre più fragili e più incapaci di far fronte alle angosce, ammalate di solitudine e dipendenze, intolleranti alla realtà dei limiti, della temporalità e del dolore. Ci parrebbe altrettanto familiare che l’attuale ossessiva ricerca del benessere possa avere in filigrana una vera e propria ingiunzione sociale a essere sani e felici - quando non giovani e belli. E sul filo di queste ipotesi che la psicosociologia odierna ci offre, trovare spicchi di spiegazione a quei fatti di cronaca violenti e auto-giustificantisi, di chi non ha tollerato inciampi o frustrazioni al proprio "diritto alla felicità".
Certo stiamo comprendendo i costi delle maggiori libertà conquistate, di tutto ciò che prima era il costume sociale a stabilire più o meno oppressivamente e ora, affidato alla libera scelta, si trova nel gravame psichico di conflitti e responsabilità. E forse crescere nella propaganda grandiosa ben oltre l’illusione necessaria, lascia poco strumentati per gestire lo scarto fra le promesse e le reali possibilità di realizzazione.
Le Autrici tratteggiano un ponte fra stress e nevrosi attuali, per questa sembianza del concreto dei fatti e dell’attrito della coscienza con la realtà, piuttosto che della lotta interiore. Quel che viene rimarcato è che puntare l’indice sul potere stressante della società può fungere da diversivo rispetto a questioni organizzative, ideologiche, sociopolitiche, etiche. Perdere il confine fra normalità e patologia, il bilancio fra paure e sicurezza, i modi di intendere il rapporto mente-corpo e la considerazione sulle risorse di ognuno, rende più difficile ogni intervento nel caos di pertinenze e responsabilità.
Disturbando Musil, potremmo dire che sorge un mondo di qualità senza uomo, di esperienze senza colui che le vive.
La loro riflessione, che esplora con minuzia vari ambiti di questo ab-uso, si snoda dall’uso scriteriato di dati scientifici trasponendo termini e costrutti da un campo all’altro, stabilendo nessi di significanza "ammaliati dal fascino pericoloso di una semplificata conoscenza della nostra mente trasformata in oggetto", fino al richiamo etico (in senso psicoanalitico) a quanto la mancata presa in carico del senso attraverso il pensiero possa farci perdere contatto con le nostre vicissitudini interiori e con la possibilità di coltivare risorse trasformative e la creatività vitale di ognuno.
Tanto per i medici che per i pazienti, il rischio è lo spalancarsi della via breve di spiegazioni esterne e contingenti piuttosto che indagare, in un processo lungo e tortuoso, i nostri percorsi affettivi e la nostra fisicità, fra desideri e conflitti, relazioni e credenze da poter rimaneggiare, creando un rapporto d’ascolto della persona al di sotto del sintomo.  

"Un uomo con tante energie
che va a realizzarsi in India o in Turchia.
Il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani.
Far finta di essere sani."
G. Gaber

We use cookies
Il nostro sito utilizza i cookie, ma solo cookie tecnici e di sessione che sono essenziali per il funzionamento del sito stesso. Non usiamo nessun cookie di profilazione.