“Ernest amava fare lo psicoterapeuta. Giorno dopo giorno, i suoi pazienti lo invitavano nei luoghi più intimi delle loro vite. Giorno dopo giorno, lui offriva conforto, si occupava di loro, ne alleviava la disperazione. In cambio era ammirato e apprezzato. E pagato, per quanto avesse pensato spesso che, se non avesse avuto bisogno di soldi, avrebbe fatto quel lavoro anche gratis”.
Il romanzo di Yalom porta il lettore dietro il lettino e dentro la vita degli psicoanalisti. Una narrazione spietata e avvincente tiene in sospeso fino all’ultima pagina, facendo avvertire quanto l’autore riesca a entrare nello stato d’animo dei pazienti e nella mente degli analisti, rapportando le loro vicende personali alla funzione terapeutica. Si smette forse di essere psicoanalisti nella vita di ogni giorno? La domanda circola implicita nel testo di Yalom. Viene alla mente ciò che Freud scriveva nel 1929: “Non ci si può sottrarre all’impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirino per sé al potere, al successo, alla ricchezza e ammirino queste cose negli altri, sottovalutando i veri valori della vita”. A queste tentazioni sono sottoposti gli analisti che Yalom descrive attraverso lo sviluppo di una trama concatenata, che trova il proprio filo conduttore nella vicenda di Ernest Lash, candidato di un istituto psicoanalitico statunitense, felicemente transitato dalle neuroscienze alla psicodinamica dopo aver incontrato Seymour Trotter. E’ questi un anziano analista sottoposto a giudizio disciplinare da parte dell’ospedale di Standford per aver commesso una rilevante violazione del setting con una paziente. A Ernest è affidata la valutazione etica di Trotter. Famoso terapeuta, punto di riferimento in tutta la California del Nord, Trotter cattura l’attenzione di Lash col racconto della vicenda clinica di Belle. Affetta da crisi bulimiche, condotte sessuali compulsive, tossicomania, autolesionismo, aveva alle spalle alcune decine di esperienze terapeutiche fallimentari. La profonda sofferenza della paziente e il suo attaccamento transferale convinsero Trotter, dopo molte esitazioni, a cedere alle profferte erotiche di Belle, che si era impegnata ad abolire le proprie condotte distruttive in cambio di un week-end con lui a San Francisco. Trotter presenta la propria decisione di rispondere concretamente al transfert erotizzato della paziente come una modificazione della tecnica, necessaria per curare quella indomabile “figlia del vento”. E soprattutto egli non intendeva fare la stessa fine dei numerosi terapeuti che l’avevano preceduto…
Vicende personali e situazioni cliniche si susseguono nel caso di Justin Astrid, maturo paziente di Ernest, afflitto da una situazione coniugale tormentata, in cui subisce vessazioni da parte di sua moglie Carol, in un pesante clima sado-masochistico cui non ha il coraggio di sottrarsi. L’improvvisa decisione di Justin di lasciare Carol, dopo aver conosciuto la giovane Laura, risuona in seduta col significato potente della trasformazione. Ma il valore del cambiamento non è colto dal terapeuta, che si sente come scavalcato dal comportamento del paziente; questi non avrebbe lasciato la moglie nel modo “giusto”. Justin, in difficoltà finanziare dopo il divorzio, lascia l’analisi, mentre una nuova paziente entra in trattamento da Ernest…
L’abile sequenza narrativa concepita da Yalom consente alle vicende dei protagonisti di intrecciarsi in una concatenazione seriale, che apre continui scenari. In uno di questi, Marshal Streider, didatta e supervisore, interviene a una riunione del centro psicoanalitico Golden Gate di San Francisco, dove si deve discutere sull’espulsione di Seth Pande, uno dei capostipiti dell’istituzione, già analista di Marshal e di molti altri membri dell’istituto. Accusato di sfruttamento economico e sessuale dei propri pazienti, Pande si è distinto per alcune posizioni teoriche singolari, tra cui la considerazione del complesso di Edipo come “un errore giudaico” e la concezione della nuova “pulsione universale del ritorno all’utero-retto del padre”. Le diverse posizioni entro l’istituto fanno temere la possibilità di una scissione. Risolutiva è la proposta di Marshal: richiamare, attraverso un avviso sulla stampa, i pazienti di Pande, che ritengano di non aver ricevuto un buon trattamento, per un supplemento di analisi gratuita, finalizzato a ripristinare un adeguato assetto psichico e a correggere gli errori commessi. Solo un ex paziente di Pande risponderà all’appello…
Le vicende personali di Marshal occupano un’ampia parte della narrazione. Proprio lui, l’inossidabile analista in carriera, apprezzato dai vertici dell’IPA, abituato a considerarsi “il meglio del meglio”, svela tratti di debolezza narcisistica che metteranno a dura prova la sua stabilità economica ed emotiva…
Il narcisismo dell’analista, i punti ciechi della sua personalità, la tendenza all’enactment, la carenza di autoanalisi, l’indulgenza a concedersi spazi regressivi nella relazione col paziente e a sottovalutare come gli aspetti e le sofferenze della vita personale possano incidere anche sulla condotta professionale: questi i principali problemi emergenti dal testo, che ha il valore di portare in scena l’umanità del terapeuta e le sue difficoltà nel mantenere il proprio ruolo. La neutralità impersonale dell’analista viene contestata da Ernest durante una supervisione con Marshal. L’allievo fa riferimento agli scambi tra Freud e Ferenczi e alle innovazioni portate da quest’ultimo nella tecnica analitica. Di fatto, Ernest deciderà di non comunicare al proprio supervisore l’elaborazione di una strutturata teoria personale sulla self disclosure, che egli applica nel trattamento di una paziente.
Attorno al mondo psicoanalitico circola la realtà, con poliziotti, avvocati, locali per il gioco d’azzardo, allenamenti di basket, footing mattutino nel parco. La realtà irrompe con un peso inquietante e con le risorse di una sicurezza ritrovata. Gli analisti del romanzo finiscono per chiedere aiuto a presenze reali, a concrete figure, a interventi esterni capaci di fornire appoggio al loro smarrirsi entro le gravi vicende che li hanno travolti. Così, questa realtà ha la funzione di rappresentare un ponte tra esterno e interno. E la frase che chiude il romanzo suona come un esempio e un invito: “Sono sempre pronto –dice Ernest- per la verità”.
Ottobre 2018