Avendo abbandonato la tecnica dell’ipnosi e della suggestione (una cura che si faceva prevalentemente sopra il paziente) in procinto di riaffermare che i sogni sono una via maestra per arrivare alla conoscenza dell’inconscio, Freud si affida alle già sperimentate libere associazioni - lasciarsi pensare, lasciarsi dire i pensieri, le fantasie, le immagini, le memorie, i desideri “così come viene viene”, abbandonando qualsiasi censura, considerazione razionale, sentimento di banalità e disvalore, ecc.
Dica tutto.
Ma proprio tutto? – domanda il paziente.
Certo, - risponde Freud -, come posso autorizzarla a tacere pensieri, memorie, affetti, paure di cui non so niente? Deve dirmi tutto.
(In nota di questo saggio “Inizio del trattamento” (1913, pag.345, OSF, VII), Freud è ancora più esplicitamente perentorio: “Pour faire une omelette il faut casser les oeufs”, in francese nel testo.
C’è poco da fare, amico mio: per fare una frittata bisogna proprio rompere le uova!
A cui aggiunge, a mo’ di giustificazione?, che se in una città vi fosse mai una piazza dedicata al diritto di asilo, tutte le canaglie si raggrupperebbero proprio lì!...
Le metafore sono impegnative: l’inconscio è un despota protettore di malfattori e la volontà e la coscienza devono saper abbattere il suo iniquo potere.)
Se ne fossi capace – disse il mio paziente, fresco di divano alla prima seduta, rapidamente riguadagnando la posizione a sedere e il faccia a faccia - se ne fossi capace, non avrei bisogno di lei: sono qui proprio per questo. –
Non potei che convenire, naturalmente, ma aggiunsi che non potevo esonerarlo dalla fatica di provarci. In ogni caso non l’avrei lasciato solo: avremmo osservato insieme dove, quando, come e perché il filo dei pensieri si spezza, la voce si rompe e una vaga sensazione di spiacevolezza e pericolo appesantisce il respiro.
E la cosa, sia pure con le consuete difficoltà, si avviò…
Musatti amava ripetere che Freud non fa mai esplicitamente autocritica: possiamo constatare che semplicemente rinunciò a pretendere la frittata e si dispose a interpretare resistenza e transfert, praticamente attenendosi al principio secondo il quale ciò che rimproveri non puoi interpretare, ciò che interpreti non puoi rimproverare.
Lo psicoanalista,stabiliti i criteri pratici organizzativi della cura (tempi, luoghi, appuntamenti, costi) i soli che soddisfano l’obliquità della relazione “da superiore sottoposto” (ivi,pag.422), non opera più sopra, bensì con il suo paziente, includendo se stesso nella compagnia.
Così “l’odiosa malattia può trasformarsi in una pensosa compagna di vita”.
Gino Zucchini