Pochi scritti freudiani, della sua immensa miniera, come “Ricordare, ripetere, rielaborare” (1914), condensano in poche pagine (meno di dieci) la grandiosa portata dell’invenzione/scoperta della psicoanalisi: il comune pensiero cosciente, prigioniero dell’immediato apparirci del mondo, non ne garantisce la verità. Così come l’occhio nudo, tradito dall’apparente immobilità del cielo, (firmamento, ombrello stabile a garanzia della pari immobilità della terraferma) sopporta male, ancora oggi, la vertiginosa rivoluzione della terra-madre… che, se poi fosse anche sferica, come farebbero tutti quegli altri di sotto, a testa in giù… Piatta ha da essere, come il tavolo di cucina (anche la psicoanalisi ci avrà i suoi terrapiattisti).

Com’è noto, Freud in un primo tempo considerò il transfert (traslazione aveva fatto tradurre Musatti, ma questa parola, di evidente derivazione latina, non ha avuto fortuna ) come una “seconda malattia”, una complicazione, capace di disturbare la cura, prima di cogliere – e fu il colpo d’ala del genio – che, al contrario, “la traslazione crea così una provincia intermedia tra la malattia e la vita, attraverso la quale è possibile il passaggio dalla prima alla seconda” (op. cit. pag.360).

Transfert è dunque, letteralmente, trasloco (o trasporto, altra comune metafora della mobilità degli affetti umani), trasferimento spaziale, temporale e personale, di eventi di un male che, accaduti alibi et tunc, si presentano, letteralmente, nell’hic et nunc della cura in atto, rendendo possibile, qui e ora, riparare delle ferite che, allora immedicate, hanno dato sangue per anni.

Macchina del tempo, attivata dalla coazione a ripetere, il transfert presiede a un passato che non passa mai (ripetuto fattualmente, non pensato) e si fa presente – emozione percettuale - fin nella stanza d’analisi, si direbbe a protestarne la riparazione. E che sia necessariamente il transfert negativo a ospitare le antiche, dolorose proteste, ora rivolte allo psicoanalista, non solo non fu, e non è, una complicazione, ma la condizione necessaria per il costituirsi di quella “provincia intermedia tra la malattia e la vita” (non sfugga l’eleganza della metafora), un territorio inedito nel quale l’interpretazione fornisce parole nuove, co-scienti (e cioè con-sapute) che invitano il nostro paziente a fuoriuscire dall’interno paese straniero, per ospitarlo nella madrepatria dei con-pensanti-parlanti la lingua comune: dal peso nella solitudine al senso, finalmente aperto alla condivisione. (“che sollievo a dirle così le cose” - disse la paziente, scoprendo per conto suo che proprio questa è la funzione che l’etimologia assegna al pen(d)siero, come suggeriscono anche il “ponderare” o “soppesare” che dir si voglia.

“Sopportate, non siate frettolosi”, ammonisce Freud, rivolgendosi ai giovani e impazienti, psicoanalisti, che l’avevano chiamato a consulto: non dimenticate che dalla semplice menzione della resistenza non può risultare la sua immediata scomparsa. Si deve lasciare all’ammalato il tempo di immergersi nella resistenza a lui ignota, di rielaborarla (op.cit. pag.361).

(Sul transfert negativo e sulla sua paradossale preziosità, ricordo una bella lezione di Francesco Corrao, maestro palermitano di psicoanalisi, anni fa – tanti!) Grato alla memoria.

Tutto ciò premesso, conviene aggiungere una ulteriore materia eventualmente meritevole di interpretazione. Tutti i governanti di qualsiasi stato societario – e il setting psicoanalitico ne è, nel suo piccolo, uno tra questi – in quanto collocati, come già i genitori, al vertice dei rispettivi poteri fattuali, sanno di trovarsi per questo anche al vertice delle proteste che da basso verranno loro indirizzate: molto potere = molta colpa. Dopo Freud sappiamo che l’equazione può scriversi anche così: molto oscuro sentimento di colpa = molto inconscio desiderio di potere. Perciò il sollievo dalle colpe fantasmatiche costa un certo grado di rinuncia all’onnipotenza. Parimente dal lato della vergogna, che della colpa è sorella, il sollievo da essa comporta la rinuncia alle pretese della perfezione assoluta, forse il più insidioso tra tutti i tiranni. L’analista, via via più silenzioso, è partigiano di queste trasformazioni…

Gino Zucchini,

Luglio 2019

 

 

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