Dobbiamo a Dante la prodigiosa ricchezza della nostra lingua (detta <volgare> al tempo in cui <volgo> ancora significava <popolo>) , che per opera sua assunse dignità universale. Ricordiamo il sonetto più celebre: “Tanto gentile e tant’onesta pare / La donna mia quand’ella altrui saluta / Ch’ogne lingua deven tremando muta / E gli occhi no l’ardiscon di guardare”. Eccetera…

Cioè: l’apparizione – la visione – si offre a una percezione passiva, che esonera da ogni fatica; così gli occhi non osano guardare. Questo <vedere> suggerisce la serena fiducia di poter ricevere dalla realtà una incantevole felicità; il <guardare>, all’opposto, richiede una ricerca attiva, acuta, imposta da una qualche necessità di stare..  <in guardia>. Il vedere si addice alle opere belle della natura e dell’arte; il guardare si impone quando c’è da cercare, indagare, controllare, possibilmente dominare, il male della vita e della storia: la malattia, la guerra, il pericolo, la morte…

L’arte vede, la scienza guarda.

La procedura freudiana alterna in ciascun membro della coppia analitica le due suddette modalità: “Amico mio, presta la tua voce a qualsiasi argomento, pensiero, ricordo, sogno, visione che colga la tua immaginazione: devi dire tutto, perché  non posso autorizzarti a tacere qualcosa di cui non so niente…” E, più sotto: “Pour faire une omelette il faut casser les oeufs” (OSF. VII, in nota a pag. 345 ):  se vuoi fare la frittata devi proprio rompere le uova…

La prima enunciazione della “regola fondamentale” era dunque perentoria: qui devi dire tutto. Col tempo la regola mutò forma e sostanza: qui puoi dire tutto e niente di ciò che dirai sarà usato contro di te. Un felice paradosso: una “regola“ contro la tirannia dei regolamenti, in favore della spontaneità dell’immaginare/dire, nella piena libertà della fantasia. Ciò imparenta l’assetto psicoanalitico con la condizione onirica, che è poi “ la via maestra “ per la conoscenza dell’inconscio…

Il paziente metta in voce tutto ciò che in sé “vede”: dal canto suo l’analista guarda con l’ascolto (senza decidere quanto in ciò sia attivo e quanto passivo) e quando - dalla sua poltrona debitamente alle spalle — vede/gli appare un segno che renda loquente una sofferenza finallora arcana, la propone al suo paziente. L’operazione si muove perciò dal peso al senso: il quale, se persuasivo, ne alleggerisce il gravame. Insomma l’analista e il suo paziente guardano insieme per arrivare a vedere meglio.

E quando la fortuna assiste la sorpresa solleva l’angoscia, consentendo una meraviglia lungamente vietata. Mi piace immaginare che l’invenzione della regola fondamentale e delle sue finalità libertarie sia in qualche modo coeva al suffragio universale che i popoli europei andavano conquistando avverso i rispettivi governanti: dal potere assoluto ai poteri condivisi. Dalla tirannide dell’inconscio alla democrazia della co-scienza, dove quel cum, complemento di com- pagnia, ne onora l’ispirazione…

Ottobre ‘18. Zucchini

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