SILVIA AVALLONE: scrittrice
MAURA FORESTI: psicoanalista Società Psicoanalitica Italiana (SPI)
Questo ultimo incontro 2021 del ciclo “Il Lettino e la Piazza" vede il ritorno in presenza di relatori e pubblico, per la prima volta dall’inizio della pandemia COVID 19, all’interno dell’Auditorium Enzo Biagi. Modera Veronica Ceruti, direttrice di Bologna Biblioteche e dialogano in questa rinnovata ed attesa occasione la scrittrice Silva Avallone e Maura Foresti. Il tema affrontato appare estremamente attuale e vede confrontarsi due figure femminili che hanno attraversato in età giovanile il passaggio dall’era analogica al digitale e si sono occupate entrambe, ciascuna nel proprio specifico ambito di interesse, di età evolutiva e di adolescenza. Il peso specifico dell’avvento di internet ed il suo intreccio con la relazione amicale fra due giovani donne è in effetti il tema dell’ultimo romanzo di Silvia Avallone, Un’amicizia, pubblicato da Rizzoli nel Novembre 2020. La domanda posta alle relatrici è: cosa può essere una risorsa e cosa può spaventare della galassia virtuale?
Maura Foresti ci ricorda in primo luogo che la paura ha un ruolo evolutivo fondamentale: quando ci pre-occupiamo, viviamo un’emozione del futuro, che ci permette di progettare. Nella parola virtuale ritroviamo la radice virtus, forza e quest’area semantica ci connette con ciò che è potenziale o potenziato. Inter-net è una rete ed in quanto tale ci può ricordare la rete del pescatore, che adesca, così come la rete dell’acrobata, sopra cui fare acrobazie pericolose. Adescamenti e pericoli in effetti possono passare dal virtuale al reale, per coinvolgerci per intero; le immagini, padrone incontrastate del web, creano un ambiente che attira la sensorialità in modo regressivo, fusionale, talvolta senza possibilità di critica. Vi è la tendenza a pensare il virtuale come uno spazio immateriale, tuttavia così non è: concreti sono gli oggetti che ne permettono il funzionamento, così come il valore dei dati che vi sono inseriti. Illusorie acrobazie “nella” rete possono ritrovarsi laddove essa porti ad esprimersi in modo sempre più virulento, così come al Fomo (Fear of missing out), ove vi è un penoso senso di esclusione. Con il digitale siamo in presenza della quarta ferita all’antropocentrismo, dopo quella copernicana, darwiniana e freudiana. L’intelligenza artificiale (IA) mette in discussione la nostra, ma in che modo? Una differenza fondamentale rimane legata allo scacco simbolico, finora non riproducibile nell’IA. La mente nasce nella relazione, in questo le neuroscienze confermano le scoperte della psicoanalisi, e la rete con la sua velocità non può eliminare i nostri limiti, cerebrali e fisici. Non aiuta a fruire di ciò che il noto neuroscienziato Lamberto Maffei ha definito “elogio alla lentezza”: spazio vuoto, bisogno di tempi morti, di noia utile e creativa per far nascere e coltivare la mente.
Silvia Avallone ritrova nei libri una naturale antitesi rispetto ai social. Sfruttando la crepa del proprio tempo essi possono metterci in contatto con l’inaspettato, dandoci la possibilità di comprendere anche i vissuti più efferati, facendo entrare i pensieri altrui, vivendo accanto ai protagonisti: ci si prende cura così della diversità. Philip Roth ci ricorda che è sbagliando che sappiamo di essere vivi e questa dimensione sembra aliena ad un universo social, ove è presente una gara a chi sembra più felice, bello, ricco, secondo certi canoni semplificati. Silvia Avallone trova che le storie, quelle che permettono di mostrare le crepe, nei social sono nello spazio fra le immagini, ma il gioco rischia di essere pericoloso, se non sono presenti strumenti culturali per usarli e non farsi usare. E’ fondamentale trovare uno spazio per perdonare la complessità della propria storia, attraverso la storia dell’altro. Per l’Avallone scrivere di un tempo lontano, perduto, come l’adolescenza è un modo per perdonare le proprie e le altrui fragilità. E’ un continuo sforzo di entrare dentro gli altri e dentro se stessi. Dare luce a persone o a momenti in ombra, che sono state dimenticate dalla “storia”, ma che magari ci hanno cambiato. Sui social tutto è presente, non vi è spazio per l’elaborazione: più hai like, ossia più piaci e più pesi, allontanandoti così dal contatto con la verità, fatta anche di ferite e limiti. Dove si può trovare la fame, il desiderio, il vuoto in una dimensione di perenne sazietà? Dentro un romanzo al contrario siamo a contatto con ciò che non ci piace e per questo è fondamentale che la scrittura possa parlare di e con gli adolescenti. L’adolescenza è una seconda nascita: non come figli, ma come individui, un periodo in cui è fondamentale darsi la possibilità di non essere d’accordo, di non piacere sempre e che forse non può esistere in assenza di una grande amicizia.