Immaginate d’essere ortolani della domenica e di coltivare anche passioni di cercatori di funghi.
Bene: la differenza tra un pomodoro (solanum auratum) e un porcino (boletus edulis) non sta nella forma di questi due oggetti prodotti dalla terra, né nella loro collocazione botanica e nemmeno nel diverso trattamento gastronomico: questi sono tutti argomenti ingenui.
La vera, necessaria, obbligante, ineludibile, fatale differenza sta in ciò: il primo lo devi coltivare (seminare, trapiantare, concimare, legare a un tutore, potare, solfatare e solo dopo tutto questo raccogliere e cucinare); il secondo…. Il secondo si fa trovare decidendo a proprio arbitrio l’appuntamento: tu cerca i sentieri nel bosco e se il caso vorrà troverai il porcino, dono del sottobosco, un grido tra l’erba, i rovi e le foglie secche: zitto! non ti far sentire, il bosco ha mille orecchie: tutti i fungaioli lo sanno.

Anche le libere associazioni, care agli psicoanalisti dacché Freud le ha sottratte alla banalità e liberate dai rigori e dai calcoli della logica diurna, sono sottobosco: dal quale, buona stella assistendo, fiorisce la sorpresa: dal rumore di fondo, dal terreno fogliare, tra ombre e luci, appare l’ultima associazione: e se il paziente non la sa fare la devi cogliere tu, ed è l’interpretazione mutativa (Strachey) che mette sensi sorprendentemente eloquenti laddove erano pesanti oscurità.

Il pomodoro è buono, il porcino è bello: il primo è frutto del lavoro, il secondo è dono della ricerca e i doni degni del nome non li devi propriamente meritare, ciò che implicherebbe necessariamente lavoro e fatica da compensare secondo contratto; questi doni li trovi per terra, ma discendono dalle stelle del cielo (“de sideris”: desideri).
Ed è così che la gratuità della libera offerta trasmette grazia al destinatario e questa riconoscenza diventa sinonimo di bellezza… prevalentemente al femminile, ma non soltanto.
(La dismorfofobia – meglio morfopatia – è tutta, e soltanto, in un difetto di gratitudine, là e allora, ad opera di chi di dovere, a propria volta poco provvisto di tale sostanza.)

Nella bassòra, al ritorno al campeggio dalla foresta di Paneveggio (Trento), i cercatori esibivano – con prudenza – il raccolto. E a nessuno veniva in mente di dire “bravo” al “trovatore” col cestello più fornito; si diceva “che bello, che fortunato, dove li hai trovati?” ben sapendo che la risposta sarebbe stata o vaga o bugiarda… Anche i funghi amano il segreto, figlio del mistero.
Perché non si vive di solo pomodoro.

I funghi chiedono ribadita conoscenza (dunque ri-conoscenza) accurata, perché assai spesso accanto alla forma del porcino buono c’è quella del porcino matto che gli somiglia (“boletus satanas”: il diavolo è precisamente un gran bugiardo) e accanto alla delicata amanita vaginata c’è quell’altra, la micidiale falloide, differente per un particolare che è obbligatorio sapere: l’abate Bresadola, il Linneo della micologia, doveva molto amare la femmina e molto odiare il maschio di homo sapiens…

“Argentum atque aurum
Laenamque, togamque
Facilest mittere; difficilest mittere boletos”

Così Marziale: è più facile regalare oro argento e cariche pubbliche e potere: più difficile regalare funghi…  

Giugno 2018

Gino Zucchini

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