Poiché è certo che nessun asinello della realtà è mai morto di fame per essersi trovato a uguale distanza tra due mucchi di fieno identici per forma e per grandezza, occorre riconoscere che il quadrupede del celebre aneddoto, ove si facesse guidare solo dall'istinto della fame, avrebbe miglior destino dell'imitato bipede umano, tiranneggiato dalla ragione etica: fino a sacrificarvi la vita. In realtà il filosofo Giovanni Buridano, rettore dell' Università di Parigi ( XIV secolo) è meno conosciuto dell'asino che porta il suo nome (che poi è presunto, perché della povera bestia non si trovò mai traccia nelle sue scritture..)

Se ne occupò anche Dante (quasi coevo): "Intra due cibi, distanti e moventi/d'un modo, pria si morrìa di fame,/che liber'omo l'un recasse ai denti." (Paradiso, IV, v.1-19 e segg.): un uomo libero preferisce morire di fame piuttosto che far torto con una scelta a due entità di identico valore, meritevoli di non essere differenziate da una decisione che ne violerebbe la perfetta identicità: insomma il nostro asinello sarebbe andato incontro ad un martirio suicidario con la sua astinenza dal cibo, quanto da una scelta perentoriamente vietata..

Con l'approvazione del Poeta, il quale pure insiste con altri due esempi: "Sì si starebbe un agno entro due brame/di fieri lupi igualmente temendo; /sì si starebbe un cane intra due dame” (caprette). (Paradiso,ivi). E però le due bestiole non sono dubitanti allo stesso modo: l'agnello, paralizzato dal terrore, non ha propriamente scelta, mentre il cane, come l'uomo e come l'asino, si lascierà morire di fame, sacrificando la vita a fronte di una scelta falsamente offerta e perentoriamente imperdonata.

I versi succitati introducono, significativamente, una sofisticata diatriba teologica intorno alla purezza e perfezione del sacrificio dei martiri, se questo fosse messo in atto anche con la partecipazione della violenza altrui. Su questo punto Beatrice risolve a Dante un complicato dubbio. Siamo qui, ancora, nell'alto Medioevo, all'interno della severa teologia scolastica, patrona delle certezze assolute. Sorprendentemente, poco più oltre il Sommo Poeta scavalca il suo tempo e anticipa il futuro. Si leggano, due pagine più avanti, questi altri versi (130-132) sempre nello stesso canto: "Nasce per quello (desiderio del vero) a guisa di rampollo/ a pie' del vero il dubbio, ed è natura/ ch'al sommo pinge noi di collo in collo...”: stupefacente, prodigioso elogio del dubbio, con parole che si gettano alle spalle la citata crudità dell'etica scolastica, con accenti libertari che sembrano anticipare di quattro secoli i passi della dialettica hegeliana, fino ai principii della democrazia moderna...

Etimologicamente figlio del <due>, il <dubbio> è qui garante della legittimità della bontà dell'oggetto prediletto: epperò cosciente - Spinoza - della non onnipotenza del dubitante: omnis determinatio est negatio: chi è onnipotente non ha bisogno di scegliere: la scelta è atto di modestia gradito al prossimo. Tale è il dubbio sano infine cantato dal Poeta, che più sopra aveva mostrato come si condanna a morire di fame il liber'uomo, l'agnello, il cane e, aggiungiamo, il nostro asinello. Là era in azione il dubbio ossessivo: la cui tecnica consiste nel predisporre una scena appetitosa, subito interdetta da un fatale tabù. A partire dai due bellissimi mucchi del fieno appaiati.. (li avete riconosciuti? Sono due mammelle, di proprietà del solito padrone..).

P.S.: Nel vocabolario greco – il mitico Rocci – il dubbio ha due voci: amfilogos: parola doppia e aporia: strada senza/ uscita: Come Volevasi Dimostrare..

Zucchini, Novembre '19

 

 

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