I “Sei personaggi” di Pirandello sono introdotti da una inconsueta indicazione registica dell’Autore: dalla platea, da questa e quella poltrona, si leveranno una, poi due, poi tre, quattro persone e cominceranno a dibattere animatamente con il Capocomico che si trova già sulla scena, illuminata e col sipario alzato. Discutono con tono qua e là irato di chi sta litigando animatamente e si disputano il favore degli sgomenti spettatori.
Questi, infatti, finallora tranquillamente seduti sulle loro poltrone, sono sorpresi e anche un po’ preoccupati: che sta succedendo? Di questi tempi, smodati e arroganti, può accadere di tutto: anche che comuni spettatori ardiscano di disturbare, chissà poi per quale sguaiato motivo, un’opera di teatro insigne, che tarda a iniziare… L’inquieta sorpresa dura pochi minuti: presto, uno alla volta, gli “spettatori arroganti” si allontanano dalle poltrone e si avviano a salire la scaletta in fondo a sinistra che dalla platea mena sul palcoscenico.
Sollievo: non sono spettatori come noi: sono attori che si apprestano a recitare le parti dei personaggi… Fine della confusione: noi siamo svegli, presenti e reali come la platea del teatro Duse che ci accoglie: loro sono reali come attori e si accingono ad essere veri come personaggi, garantiti in fine dalla cornice del palcoscenico. La scaletta perciò congiunge senza confondere, e distingue senza scindere, la realtà della platea dalla verità della scena: la prima si presenta, la seconda si rappresenta. Come spettatori siamo stati brevemente confusi e come trasognati, poco capaci perciò di differenziare i fatti, attinenti alla res extensa, dagli atti afferenti alla res loquens: e questi e quelli dai sentimenti, ospitati nella res cogitans: dunque siamo stati, per un po’, psicotici…
“Personam tragicam forte vulpes viderat…” (Fedro): in latino “persona” significò maschera teatrale; e quando nelle lingue romanze la “persona” significò essere umano, l’attrezzo teatrale prese in prestito una parola araba: “mask-harà” (buffone) : “pupo” lo chiama Pirandello… Tutta la sua opera è attraversata dal tormento tra essere e apparire, realtà e finzione: “Pupi siamo, caro signor Fifì, pupo io, pupo lei, pupi tutti… [….] Ma ogni pupo vuol portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori…” (da “Il berretto a sonagli”).
Ora, tutte le figure della psicopatologia, prigioniere dell’inconscio (un luogo della mente che, come il sogno, non conosce la metafora e dove perciò oggetti, fatti e sentimenti si presentano ma non si rappresentano) possono ben dirsi “ personaggi in cerca d’autore”, persone nude, bisognose di un abito mentale e figurale che conferisca loro ladignità della rappresentanza.
L’inconscio è poi anche ingannevole macchina contro il tempo: ivi violenze e angosce, ancorché patite nel passato, continuano a catturare il presente e lo immobilizzano: l’alibi et tunc, coatti a ripetersi inalterati, schiacciano l’hic et nunc e insidiano il futuro, ugualmente condannati a una pena infinita.
Un’illusione di segno opposto è talora osservabile: che una somma felicità e un’immensa gioia, fuse in un istante perfetto e interminabile, possano impedire a Krono il suo fatale, irreversibile andare…:”O temps, suspend ton vol, et vous heures propices/ suspendez votre cours” … (Alphonse de Lamartine “Le lac”)
Nel “teatrino analitico” (grazie, Spadoni ) antiche infelicità e ferite immedicate, traslocate (“transfert”) in un tempo-presente-che-non-passa-mai, ottengono dalla Regola Fondamentale e dall’interpretazione (che è faccenda teatrale…) la risoluzione dell’antico maleficio con la rimessa in moto del tempo e la riattivazione della memoria. Freud (1914): “Ricordare , ripetere, rielaborare”. Solo la rielaborazione permette di eludere il riaccadere degli antichi mali, finalmente archiviandoli nel ricordo.
Così la descritta scaletta che conduce dalla platea al palcoscenico ben si presta a rappresentare l’operazione cardine dell’operare psicoanalitico: quella interpretazione del transfert - trasloco spazio-temporale ed affettivo – di cui si fa testimone e garante la persona stessa dell’analista.
Aprile 2018
G. Zucchini